Io Umanoide ?
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Olio su tela 110 x 160 - (1982)
Il discorso affrontato in questa opera si sviluppa a partire dal centro del quadro, dall’ingranaggio metallico che conferisce movimento all’intera figura, per esprimere il concetto dell’Essere robotizzato, tecnologizzato, disumanizzato; l’opera rappresenta l’esasperazione della civiltà contemporanea, guarda a colui che vive la propria esperienza quotidiana inserito nella dinamica delle catene di montaggio, una quotidianità esasperata, ripetitiva ed alienante, scandita dai medesimi movimenti, dai medesimi gesti, dalle medesime azioni.
Tuttavia, l’opera, al di là dell’esaltazione del movimento, della macchina, dell’azione - cosa che connota la poetica Futurista del Marinetti - evidenzia ciò che rimane di essa, il surrogato, l’aspetto negativo, il rovescio della medaglia.
La figura prorompe dallo spazio prospettico del background, cercando di sfuggire dal contesto in cui “si vede” costretta a vivere; è in ginocchio perché il sistema cerca di soggiogare l’essere umano, di asservirlo al proprio potere, al proprio sistema, di piegare verso se stesso chiunque ed ogni cosa; ma nello stesso tempo, la figura assume un atteggiamento fiero, imponente, rappresenta colui che, nonostante tutto, non si abbatte, non soccombe, cerca di uscire da questa morsa d’acciaio, lotta per non essere sopraffatto, si pone in una condizione di sfida nei confronti della società e del sistema, cerca di andare avanti e di farsi strada nella vita.
Come, in che modo?
Nella parte superiore del busto è raffigurata, non per caso, una spirale, simbolo della ”Immaginazione al Potere” movimento filosofico, culturale e sociale che ebbe grande risonanza negli anni sessanta, portato avanti dalla poetica dei Marcuse, Jerry, etc., che predicava la lotta contro tutte le forme di oppressione.
Affermava Walter Benjamin: “È solo per merito dei disperati, degli emarginati [di coloro che ancora non sono stati schiavizzati dal sistema] che ci è data una speranza”. Ebbene, il gesto del soggetto meccanizzato che domina il quadro è di rifiuto nei confronti della società che - come detto - cerca di assoggettarlo, di asservirlo al proprio potere, al proprio sistema.
La ragione ed il linguaggio non hanno la forza necessaria per opporre resistenza a questo modello di società organizzato. Ecco, quindi, che “l’immaginazione al Potere” diventa l’unico strumento capace di vedere le cose nell’ottica delle potenzialità, creando delle alternative.
“L’immaginazione al Potere” viene, inoltre, qui, rievocata ed intesa soprattutto come fantasia, creatività, come ultima àncora di salvezza per l’essere umano, in grado di farlo uscire dall’appiattimento totale della vita e dei suoi valori fondamentali.
La fantasia, la creatività possono tracciare per noi, una vita parallela ed alternativa, più ricca di valori e di contenuti, in contrapposizione a quella civiltà consumistica, propagandata dai mass-media, che, di continuo, ci bombardano e ci propinano solo spazzatura.
La figura al centro dell’opera cerca di “farsi largo” a forza di spallate, di sfuggire da questa morsa - sintetizzata simbolicamente dai grattacieli di Manhattan proprio perché, negli ultimi decenni del secolo scorso, gli USA hanno rappresentato il massimo sviluppo della tecnologizzazione, delle sue problematiche e delle esasperazioni connesse - cerca di aprirsi una strada nella vita, quella strada che al centro del quadro si perde nello sfondo dove, non per caso, viene raffigurato un tramonto.
Il tutto come in un’equazione: tramonto = crepuscolo, crepuscolo = crepuscolarismo, movimento decadentista che ribadisce, quasi ad essere un “manifesto”, la disgregazione dell’Essere e la distruzione dei fondamenti veri, la perdita di tutti i valori, morali, sociali e culturali della civiltà contemporanea.
Olio su tela 110 x 160 - (1982)
Il discorso affrontato in questa opera si sviluppa a partire dal centro del quadro, dall’ingranaggio metallico che conferisce movimento all’intera figura, per esprimere il concetto dell’Essere robotizzato, tecnologizzato, disumanizzato; l’opera rappresenta l’esasperazione della civiltà contemporanea, guarda a colui che vive la propria esperienza quotidiana inserito nella dinamica delle catene di montaggio, una quotidianità esasperata, ripetitiva ed alienante, scandita dai medesimi movimenti, dai medesimi gesti, dalle medesime azioni.
Tuttavia, l’opera, al di là dell’esaltazione del movimento, della macchina, dell’azione - cosa che connota la poetica Futurista del Marinetti - evidenzia ciò che rimane di essa, il surrogato, l’aspetto negativo, il rovescio della medaglia.
La figura prorompe dallo spazio prospettico del background, cercando di sfuggire dal contesto in cui “si vede” costretta a vivere; è in ginocchio perché il sistema cerca di soggiogare l’essere umano, di asservirlo al proprio potere, al proprio sistema, di piegare verso se stesso chiunque ed ogni cosa; ma nello stesso tempo, la figura assume un atteggiamento fiero, imponente, rappresenta colui che, nonostante tutto, non si abbatte, non soccombe, cerca di uscire da questa morsa d’acciaio, lotta per non essere sopraffatto, si pone in una condizione di sfida nei confronti della società e del sistema, cerca di andare avanti e di farsi strada nella vita.
Come, in che modo?
Nella parte superiore del busto è raffigurata, non per caso, una spirale, simbolo della ”Immaginazione al Potere” movimento filosofico, culturale e sociale che ebbe grande risonanza negli anni sessanta, portato avanti dalla poetica dei Marcuse, Jerry, etc., che predicava la lotta contro tutte le forme di oppressione.
Affermava Walter Benjamin: “È solo per merito dei disperati, degli emarginati [di coloro che ancora non sono stati schiavizzati dal sistema] che ci è data una speranza”. Ebbene, il gesto del soggetto meccanizzato che domina il quadro è di rifiuto nei confronti della società che - come detto - cerca di assoggettarlo, di asservirlo al proprio potere, al proprio sistema.
La ragione ed il linguaggio non hanno la forza necessaria per opporre resistenza a questo modello di società organizzato. Ecco, quindi, che “l’immaginazione al Potere” diventa l’unico strumento capace di vedere le cose nell’ottica delle potenzialità, creando delle alternative.
“L’immaginazione al Potere” viene, inoltre, qui, rievocata ed intesa soprattutto come fantasia, creatività, come ultima àncora di salvezza per l’essere umano, in grado di farlo uscire dall’appiattimento totale della vita e dei suoi valori fondamentali.
La fantasia, la creatività possono tracciare per noi, una vita parallela ed alternativa, più ricca di valori e di contenuti, in contrapposizione a quella civiltà consumistica, propagandata dai mass-media, che, di continuo, ci bombardano e ci propinano solo spazzatura.
La figura al centro dell’opera cerca di “farsi largo” a forza di spallate, di sfuggire da questa morsa - sintetizzata simbolicamente dai grattacieli di Manhattan proprio perché, negli ultimi decenni del secolo scorso, gli USA hanno rappresentato il massimo sviluppo della tecnologizzazione, delle sue problematiche e delle esasperazioni connesse - cerca di aprirsi una strada nella vita, quella strada che al centro del quadro si perde nello sfondo dove, non per caso, viene raffigurato un tramonto.
Il tutto come in un’equazione: tramonto = crepuscolo, crepuscolo = crepuscolarismo, movimento decadentista che ribadisce, quasi ad essere un “manifesto”, la disgregazione dell’Essere e la distruzione dei fondamenti veri, la perdita di tutti i valori, morali, sociali e culturali della civiltà contemporanea.