Mademoiselles Drogèes Danse
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Olio su tela 80 x 60 - (1970)
Olio su tela 80 x 60 - (1970)
Jet Society
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Olio su tela 70 x 50 - (1970)
Olio su tela 70 x 50 - (1970)
Ricordi di un marine gli orrori della guerra
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Olio su tela 70 x 100 - (1971)
Olio su tela 70 x 100 - (1971)
Allegoria della morte
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Olio su tela 50 x 60 - (1971)
Olio su tela 50 x 60 - (1971)
Origini del mondo
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Olio su tela 120 x 80 - (1972)
Olio su tela 120 x 80 - (1972)
La Città ... il Caos
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Olio su tela 60 x 90 - (1972)
Olio su tela 60 x 90 - (1972)
Atlantide
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Olio su tela 80 x 60 - (1972)
Olio su tela 80 x 60 - (1972)
Strutture spaziali
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Olio su tela 50 x 50 - (1976)
Olio su tela 50 x 50 - (1976)
1977 Salviamo la Natura, l'Uomo, l'Ambiente (95 x 125)
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Olio su tela 120 x 100 - (1983)
La tematica trattata, con largo anticipo rispetto alla sensibilità collettiva verso queste problematiche, segue il filone riguardante la salvaguardia del Pianeta Terra e della relativa sopravvivenza della razza umana.
Il quadro su base romboidale si compone di n°4 rappresentazioni simboliche sequenziali, unite tra loro dallo stesso filo conduttore che pongono in evidenza come gli "umani" da molti decenni stiano inquinando e distruggendo il Pianeta e quale deve essere invece l’auspicio, come recita la scritta nell’opera, insieme al desiderio di liberarsi e sfuggire da questa condizione.
Purtroppo, in questi anni c'è stato un continuo trend negativo, il riscontro l’ho avuto frequentando ogni anno d’estate, per oltre un ventennio, le montagne del Trentino dove progressivamente i ghiacciai perenni si sono assottigliati, in alcuni taluni casi fino a scomparire.
L’opera esprime e ribadisce una forte denuncia contro le "lobbies" delle grande industria e dei poteri irresponsabili che ci governano e la previsione di un’eventuale catastrofe planetaria prende sempre più corpo, quasi in modo ineluttabile e con una certa rassegnazione da parte nostra.
Ed allora prima che sia troppo tardi, dobbiamo sensibilizzare in ogni circostanza chi gestisce il destino del nostro Pianeta, per una reale e significativa inversione di tendenza, per salvare il nostro bene più prezioso, la nostra "casa", la nostra amata "Madre Terra".
Olio su tela 120 x 100 - (1983)
La tematica trattata, con largo anticipo rispetto alla sensibilità collettiva verso queste problematiche, segue il filone riguardante la salvaguardia del Pianeta Terra e della relativa sopravvivenza della razza umana.
Il quadro su base romboidale si compone di n°4 rappresentazioni simboliche sequenziali, unite tra loro dallo stesso filo conduttore che pongono in evidenza come gli "umani" da molti decenni stiano inquinando e distruggendo il Pianeta e quale deve essere invece l’auspicio, come recita la scritta nell’opera, insieme al desiderio di liberarsi e sfuggire da questa condizione.
Purtroppo, in questi anni c'è stato un continuo trend negativo, il riscontro l’ho avuto frequentando ogni anno d’estate, per oltre un ventennio, le montagne del Trentino dove progressivamente i ghiacciai perenni si sono assottigliati, in alcuni taluni casi fino a scomparire.
L’opera esprime e ribadisce una forte denuncia contro le "lobbies" delle grande industria e dei poteri irresponsabili che ci governano e la previsione di un’eventuale catastrofe planetaria prende sempre più corpo, quasi in modo ineluttabile e con una certa rassegnazione da parte nostra.
Ed allora prima che sia troppo tardi, dobbiamo sensibilizzare in ogni circostanza chi gestisce il destino del nostro Pianeta, per una reale e significativa inversione di tendenza, per salvare il nostro bene più prezioso, la nostra "casa", la nostra amata "Madre Terra".
Io Umanoide ?
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Olio su tela 110 x 160 - (1982)
Il discorso affrontato in questa opera si sviluppa a partire dal centro del quadro, dall’ingranaggio metallico che conferisce movimento all’intera figura, per esprimere il concetto dell’Essere robotizzato, tecnologizzato, disumanizzato; l’opera rappresenta l’esasperazione della civiltà contemporanea, guarda a colui che vive la propria esperienza quotidiana inserito nella dinamica delle catene di montaggio, una quotidianità esasperata, ripetitiva ed alienante, scandita dai medesimi movimenti, dai medesimi gesti, dalle medesime azioni.
Tuttavia, l’opera, al di là dell’esaltazione del movimento, della macchina, dell’azione - cosa che connota la poetica Futurista del Marinetti - evidenzia ciò che rimane di essa, il surrogato, l’aspetto negativo, il rovescio della medaglia.
La figura prorompe dallo spazio prospettico del background, cercando di sfuggire dal contesto in cui “si vede” costretta a vivere; è in ginocchio perché il sistema cerca di soggiogare l’essere umano, di asservirlo al proprio potere, al proprio sistema, di piegare verso se stesso chiunque ed ogni cosa; ma nello stesso tempo, la figura assume un atteggiamento fiero, imponente, rappresenta colui che, nonostante tutto, non si abbatte, non soccombe, cerca di uscire da questa morsa d’acciaio, lotta per non essere sopraffatto, si pone in una condizione di sfida nei confronti della società e del sistema, cerca di andare avanti e di farsi strada nella vita.
Come, in che modo?
Nella parte superiore del busto è raffigurata, non per caso, una spirale, simbolo della ”Immaginazione al Potere” movimento filosofico, culturale e sociale che ebbe grande risonanza negli anni sessanta, portato avanti dalla poetica dei Marcuse, Jerry, etc., che predicava la lotta contro tutte le forme di oppressione.
Affermava Walter Benjamin: “È solo per merito dei disperati, degli emarginati [di coloro che ancora non sono stati schiavizzati dal sistema] che ci è data una speranza”. Ebbene, il gesto del soggetto meccanizzato che domina il quadro è di rifiuto nei confronti della società che - come detto - cerca di assoggettarlo, di asservirlo al proprio potere, al proprio sistema.
La ragione ed il linguaggio non hanno la forza necessaria per opporre resistenza a questo modello di società organizzato. Ecco, quindi, che “l’immaginazione al Potere” diventa l’unico strumento capace di vedere le cose nell’ottica delle potenzialità, creando delle alternative.
“L’immaginazione al Potere” viene, inoltre, qui, rievocata ed intesa soprattutto come fantasia, creatività, come ultima àncora di salvezza per l’essere umano, in grado di farlo uscire dall’appiattimento totale della vita e dei suoi valori fondamentali.
La fantasia, la creatività possono tracciare per noi, una vita parallela ed alternativa, più ricca di valori e di contenuti, in contrapposizione a quella civiltà consumistica, propagandata dai mass-media, che, di continuo, ci bombardano e ci propinano solo spazzatura.
La figura al centro dell’opera cerca di “farsi largo” a forza di spallate, di sfuggire da questa morsa - sintetizzata simbolicamente dai grattacieli di Manhattan proprio perché, negli ultimi decenni del secolo scorso, gli USA hanno rappresentato il massimo sviluppo della tecnologizzazione, delle sue problematiche e delle esasperazioni connesse - cerca di aprirsi una strada nella vita, quella strada che al centro del quadro si perde nello sfondo dove, non per caso, viene raffigurato un tramonto.
Il tutto come in un’equazione: tramonto = crepuscolo, crepuscolo = crepuscolarismo, movimento decadentista che ribadisce, quasi ad essere un “manifesto”, la disgregazione dell’Essere e la distruzione dei fondamenti veri, la perdita di tutti i valori, morali, sociali e culturali della civiltà contemporanea.
Olio su tela 110 x 160 - (1982)
Il discorso affrontato in questa opera si sviluppa a partire dal centro del quadro, dall’ingranaggio metallico che conferisce movimento all’intera figura, per esprimere il concetto dell’Essere robotizzato, tecnologizzato, disumanizzato; l’opera rappresenta l’esasperazione della civiltà contemporanea, guarda a colui che vive la propria esperienza quotidiana inserito nella dinamica delle catene di montaggio, una quotidianità esasperata, ripetitiva ed alienante, scandita dai medesimi movimenti, dai medesimi gesti, dalle medesime azioni.
Tuttavia, l’opera, al di là dell’esaltazione del movimento, della macchina, dell’azione - cosa che connota la poetica Futurista del Marinetti - evidenzia ciò che rimane di essa, il surrogato, l’aspetto negativo, il rovescio della medaglia.
La figura prorompe dallo spazio prospettico del background, cercando di sfuggire dal contesto in cui “si vede” costretta a vivere; è in ginocchio perché il sistema cerca di soggiogare l’essere umano, di asservirlo al proprio potere, al proprio sistema, di piegare verso se stesso chiunque ed ogni cosa; ma nello stesso tempo, la figura assume un atteggiamento fiero, imponente, rappresenta colui che, nonostante tutto, non si abbatte, non soccombe, cerca di uscire da questa morsa d’acciaio, lotta per non essere sopraffatto, si pone in una condizione di sfida nei confronti della società e del sistema, cerca di andare avanti e di farsi strada nella vita.
Come, in che modo?
Nella parte superiore del busto è raffigurata, non per caso, una spirale, simbolo della ”Immaginazione al Potere” movimento filosofico, culturale e sociale che ebbe grande risonanza negli anni sessanta, portato avanti dalla poetica dei Marcuse, Jerry, etc., che predicava la lotta contro tutte le forme di oppressione.
Affermava Walter Benjamin: “È solo per merito dei disperati, degli emarginati [di coloro che ancora non sono stati schiavizzati dal sistema] che ci è data una speranza”. Ebbene, il gesto del soggetto meccanizzato che domina il quadro è di rifiuto nei confronti della società che - come detto - cerca di assoggettarlo, di asservirlo al proprio potere, al proprio sistema.
La ragione ed il linguaggio non hanno la forza necessaria per opporre resistenza a questo modello di società organizzato. Ecco, quindi, che “l’immaginazione al Potere” diventa l’unico strumento capace di vedere le cose nell’ottica delle potenzialità, creando delle alternative.
“L’immaginazione al Potere” viene, inoltre, qui, rievocata ed intesa soprattutto come fantasia, creatività, come ultima àncora di salvezza per l’essere umano, in grado di farlo uscire dall’appiattimento totale della vita e dei suoi valori fondamentali.
La fantasia, la creatività possono tracciare per noi, una vita parallela ed alternativa, più ricca di valori e di contenuti, in contrapposizione a quella civiltà consumistica, propagandata dai mass-media, che, di continuo, ci bombardano e ci propinano solo spazzatura.
La figura al centro dell’opera cerca di “farsi largo” a forza di spallate, di sfuggire da questa morsa - sintetizzata simbolicamente dai grattacieli di Manhattan proprio perché, negli ultimi decenni del secolo scorso, gli USA hanno rappresentato il massimo sviluppo della tecnologizzazione, delle sue problematiche e delle esasperazioni connesse - cerca di aprirsi una strada nella vita, quella strada che al centro del quadro si perde nello sfondo dove, non per caso, viene raffigurato un tramonto.
Il tutto come in un’equazione: tramonto = crepuscolo, crepuscolo = crepuscolarismo, movimento decadentista che ribadisce, quasi ad essere un “manifesto”, la disgregazione dell’Essere e la distruzione dei fondamenti veri, la perdita di tutti i valori, morali, sociali e culturali della civiltà contemporanea.
1983 L'ultimo respiro (130 x 90)
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Olio su tela 200 x 120 - (1996)
In modo semplice e attraverso pochi elementi, viene sintetizzato il discorso in modo critico verso chi ci governa, che non riesce ad incidere contro le lobbies del potere economico al fine di poter ottenere scelte a favore dell’umanità.
Il potere economico finanzia quello politico, i cui rappresentanti diventano poi burattini in mano loro, condizionati a fare scelte funzionali al sistema ed al loro spregiudicato affarismo, senza preoccuparsi delle conseguenze dovute allo sviluppo sfrenato ed incontrollato, comprando addirittura le “quote di inquinamento” dai paesi meno sviluppati, a scapito della salute dell’umanità.
I nostri governanti prezzolati, al soldo del capitalismo, ci hanno fatto imboccare il tunnel verso l’autodistruzione; l’inquinamento esasperato sta portando allo squilibrio di tutti gli ecosistemi, andiamo verso un punto di non ritorno.
Qui viene rappresentata una figura, quasi robotizzata, mentre esala l’ultimo respiro; nonostante una maschera antigas ha l’occhio che gronda sangue per aver respirato gas tossici che si elevano dalla città, anche in questo caso rappresentata dallo skyline di New York; cerca di sfuggire da questa morsa per ricollegarsi alla natura incontaminata rappresentata simbolicamente da questo tronco d’albero, dal verde e dall’azzurro del cielo.
Olio su tela 200 x 120 - (1996)
In modo semplice e attraverso pochi elementi, viene sintetizzato il discorso in modo critico verso chi ci governa, che non riesce ad incidere contro le lobbies del potere economico al fine di poter ottenere scelte a favore dell’umanità.
Il potere economico finanzia quello politico, i cui rappresentanti diventano poi burattini in mano loro, condizionati a fare scelte funzionali al sistema ed al loro spregiudicato affarismo, senza preoccuparsi delle conseguenze dovute allo sviluppo sfrenato ed incontrollato, comprando addirittura le “quote di inquinamento” dai paesi meno sviluppati, a scapito della salute dell’umanità.
I nostri governanti prezzolati, al soldo del capitalismo, ci hanno fatto imboccare il tunnel verso l’autodistruzione; l’inquinamento esasperato sta portando allo squilibrio di tutti gli ecosistemi, andiamo verso un punto di non ritorno.
Qui viene rappresentata una figura, quasi robotizzata, mentre esala l’ultimo respiro; nonostante una maschera antigas ha l’occhio che gronda sangue per aver respirato gas tossici che si elevano dalla città, anche in questo caso rappresentata dallo skyline di New York; cerca di sfuggire da questa morsa per ricollegarsi alla natura incontaminata rappresentata simbolicamente da questo tronco d’albero, dal verde e dall’azzurro del cielo.
Opzione zero
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Olio su tela 120 x 100 - (1983)
Il tema affrontato riguarda gli incontri bilaterali di Ginevra tra USA e URSS, rappresentati da Reagan e Gorbaciov, per l’azzeramento di tutti gli arsenali atomici.
La composizione attraverso una serie di simbolismi esprime lo scetticismo su tale iniziativa da considerarsi pura propaganda, sogno irrealizzabile da propinare solo ai poveri illusi.
Ai lati sono rappresentati i due poteri imperialisti degli USA e URSS, al centro la mela come primo peccato dell’umanità e come rievocazione mitologica del “pomo della discordia”, in questo caso per la contesa del potere; le loro mani si trasformano nei tentacoli di una piovra intorno al mondo e le catene, tirate simbolicamente da missili a testata nucleare, schiacciano il mondo in una morsa d’acciaio da cui non si può sfuggire.
Ognuno dei due poteri porta con sé al tavolo della trattativa il proprio potenziale militare, le trattative si fanno su basi di forza, altrimenti il forte prevarica direttamente il debole; da un lato i missili ICBM sovietici, dall’altro l’SDI lo scudo stellare USA.
Le due figure in basso si fondono perché accomunate dallo stesso obiettivo di dominare sul mondo, si assottigliano assumendo la conformazione di due sirene (altro riferimento mitologico) per esprimere l’inganno che stanno perpetrando verso l’umanità ignara, essi discutono, parlano, trattano, tutto fanno fuorchè cercare la pace vera; l’obiettivo velato, quello vero è di dividersi le varie aree di influenza e di dominio sullo scacchiere internazionale.
Infine al centro in basso fanno da contraltare il pessimismo e la speranza, da un lato gli esseri umani trasformati in tanti “zombies”, dall’altro in positivo l’arcobaleno come preannuncio in senso metaforico di un tempo migliore che può venire, connesso alla speranza della pace attraverso il simbolo che domina lo sfondo; in definitiva riponendo la fiducia nell’uomo, nelle sue scelte, facendo prevalere la saggezza, diventa un messaggio di speranza, anche perchè privare l’uomo della speranza significa privarlo della sua stessa vita.
Olio su tela 120 x 100 - (1983)
Il tema affrontato riguarda gli incontri bilaterali di Ginevra tra USA e URSS, rappresentati da Reagan e Gorbaciov, per l’azzeramento di tutti gli arsenali atomici.
La composizione attraverso una serie di simbolismi esprime lo scetticismo su tale iniziativa da considerarsi pura propaganda, sogno irrealizzabile da propinare solo ai poveri illusi.
Ai lati sono rappresentati i due poteri imperialisti degli USA e URSS, al centro la mela come primo peccato dell’umanità e come rievocazione mitologica del “pomo della discordia”, in questo caso per la contesa del potere; le loro mani si trasformano nei tentacoli di una piovra intorno al mondo e le catene, tirate simbolicamente da missili a testata nucleare, schiacciano il mondo in una morsa d’acciaio da cui non si può sfuggire.
Ognuno dei due poteri porta con sé al tavolo della trattativa il proprio potenziale militare, le trattative si fanno su basi di forza, altrimenti il forte prevarica direttamente il debole; da un lato i missili ICBM sovietici, dall’altro l’SDI lo scudo stellare USA.
Le due figure in basso si fondono perché accomunate dallo stesso obiettivo di dominare sul mondo, si assottigliano assumendo la conformazione di due sirene (altro riferimento mitologico) per esprimere l’inganno che stanno perpetrando verso l’umanità ignara, essi discutono, parlano, trattano, tutto fanno fuorchè cercare la pace vera; l’obiettivo velato, quello vero è di dividersi le varie aree di influenza e di dominio sullo scacchiere internazionale.
Infine al centro in basso fanno da contraltare il pessimismo e la speranza, da un lato gli esseri umani trasformati in tanti “zombies”, dall’altro in positivo l’arcobaleno come preannuncio in senso metaforico di un tempo migliore che può venire, connesso alla speranza della pace attraverso il simbolo che domina lo sfondo; in definitiva riponendo la fiducia nell’uomo, nelle sue scelte, facendo prevalere la saggezza, diventa un messaggio di speranza, anche perchè privare l’uomo della speranza significa privarlo della sua stessa vita.
Fuga nello spazio
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Olio su tela 200 x 120 - (1996)
Trattasi della grande sfida che gli attuali Governi stanno fronteggiando: le emissioni in atmosfera di gas inquinanti (CFC e CO2), con il conseguente buco nell’ozono e l’effetto serra che avvolge il Pianeta Terra.
I risultati ottenuti sinora appaiono di ben poco conto: il problema va perciò affrontato seriamente, superando gli egoismi nazionalistici, comprendendo che la questione investe chiunque su questo pianeta, e che se non si agisce con tempestività, inevitabilmente si arriverà presto ad una catastrofe, addirittura, ad un’apocalisse.
Questo è il monito lanciato, riprendendo un tema già trattato in altri lavori risalenti al 1970, con largo anticipo rispetto al protocollo di Kyoto.
Anche gli ultimi incontri di Copenaghen sono stati molto deludenti e inconcludenti, il che non deve indurre ad una sterile rassegnazione, ma, piuttosto, ad insistere nella battaglia, prima che sia troppo tardi.
Di qui, l’attualità estrema del discorso che esprime un certo scetticismo e pessimismo: se non ci dovesse essere una drastica inversione di rotta, gli esseri umani potrebbero essere costretti a vivere nello spazio, come prefigura l’opera rappresentata: un’astronave immaginaria con il suo “carico” umano, una famiglia che guarda malinconicamente, da lontano, il Pianeta Terra abbandonato, perché su di esso non è più possibile la vita.
Probabilmente, in futuro, con il progresso scientifico, si riuscirà anche a colonizzare lo spazio ed altri pianeti per poter “sopravvivere”, ma in quali condizioni ed a quale prezzo per l’umanità ?
Il messaggio che viene lanciato è: “Uniamoci, combattiamo, ribelliamoci, non accettiamo impassibili, la fine del pianeta, come fatto ineluttabile, fermiamo questo crimine perpetrato dai “poteri forti” delle multinazionali e dei governi irresponsabili loro complici, prima che sia troppo tardi, prima che il danno sia irreparabile, per il futuro delle prossime generazioni, dei nostri figli!”
Olio su tela 200 x 120 - (1996)
Trattasi della grande sfida che gli attuali Governi stanno fronteggiando: le emissioni in atmosfera di gas inquinanti (CFC e CO2), con il conseguente buco nell’ozono e l’effetto serra che avvolge il Pianeta Terra.
I risultati ottenuti sinora appaiono di ben poco conto: il problema va perciò affrontato seriamente, superando gli egoismi nazionalistici, comprendendo che la questione investe chiunque su questo pianeta, e che se non si agisce con tempestività, inevitabilmente si arriverà presto ad una catastrofe, addirittura, ad un’apocalisse.
Questo è il monito lanciato, riprendendo un tema già trattato in altri lavori risalenti al 1970, con largo anticipo rispetto al protocollo di Kyoto.
Anche gli ultimi incontri di Copenaghen sono stati molto deludenti e inconcludenti, il che non deve indurre ad una sterile rassegnazione, ma, piuttosto, ad insistere nella battaglia, prima che sia troppo tardi.
Di qui, l’attualità estrema del discorso che esprime un certo scetticismo e pessimismo: se non ci dovesse essere una drastica inversione di rotta, gli esseri umani potrebbero essere costretti a vivere nello spazio, come prefigura l’opera rappresentata: un’astronave immaginaria con il suo “carico” umano, una famiglia che guarda malinconicamente, da lontano, il Pianeta Terra abbandonato, perché su di esso non è più possibile la vita.
Probabilmente, in futuro, con il progresso scientifico, si riuscirà anche a colonizzare lo spazio ed altri pianeti per poter “sopravvivere”, ma in quali condizioni ed a quale prezzo per l’umanità ?
Il messaggio che viene lanciato è: “Uniamoci, combattiamo, ribelliamoci, non accettiamo impassibili, la fine del pianeta, come fatto ineluttabile, fermiamo questo crimine perpetrato dai “poteri forti” delle multinazionali e dei governi irresponsabili loro complici, prima che sia troppo tardi, prima che il danno sia irreparabile, per il futuro delle prossime generazioni, dei nostri figli!”
Point of no return
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Olio su tela 150 x 100 - (2012)
In quest’opera viene ripreso il tema che mi è più caro, trattasi della grande sfida che gli attuali Governi delle Nazioni stanno fronteggiando: le emissioni in atmosfera di gas inquinanti (CFC e CO2), con il conseguente buco nell’ozono e soprattutto l’effetto serra che avvolge il Pianeta Terra.
La scritta che campeggia al centro dell’opera “Humanity projected towards a point of no return” (l’umanità proiettata verso un punto di non ritorno), dovrebbe ancora una volta farci riflettere; le previsioni aggiornate che ci vengono trasmesse dagli studiosi sono drammatiche, con questo trend entro il 2060 la temperatura terrestre aumenterà di 4° C, assisteremo allo squilibrio di tutti gli ecosistemi, i ghiacciai delle calotte polari si scioglieranno, i mari si innalzeranno di 60 metri, intere nazioni e quasi tutte le principali città del mondo saranno sommerse.
Ci avviamo verso l’autodistruzione del Pianeta Terra in quanto i grandi inquinatori Cina, India, Usa, Russia, Giappone, etc. fanno poco o niente per ridurre le emissioni nell’atmosfera, anzi essi comprano quote di inquinamento dai paesi meno industrializzati per massimizzare la loro produzione, inquinando ancor più.
I risultati ottenuti sinora appaiono di ben poco conto, la sensazione è che non ci sia presa di coscienza effettiva della reale portata del problema, che deve essere affrontato seriamente, superando gli egoismi nazionalistici, comprendendo che la questione investe chiunque su questo pianeta e che se non si agisce con tempestività, inevitabilmente si arriverà presto ad una catastrofe, addirittura, ad un’apocalisse; questo è il monito lanciato, riprendendo un tema già trattato in altri lavori risalenti al 1970, con largo anticipo rispetto al protocollo di Kyoto.
Anche gli ultimi incontri di Copenaghen e recentemente a Doha sono stati molto deludenti e inconcludenti, il che non deve indurre ad una sterile rassegnazione, ma, piuttosto, ad insistere nella battaglia.
Nell’opera le due figure rappresentano i poteri forti che ci governano, le grandi lobbies che, senza un minimo di coscienza, ci stanno portando verso l’autodistruzione.
In prospettiva vengono rappresentate, come su un sipario, le conseguenze possibili:
al centro vi è una mela come simbolo della discordia; più giù tutti i grattacieli simboli delle grandi metropoli del mondo sommersi dall’acqua; volutamente aleggia un presagio di morte, perchè vuole essere un monito terrificante verso i poteri irresponsabili e nel contempo suscitare una reazione dentro di noi per unirci, ribellarci e combattere, di non accettare impassibili la fine del pianeta come fatto ineluttabile.
In questa come in altre opere si lancia un messaggio alla gente affinché si mobiliti per fermare questo crimine perpetrato dai “poteri forti” delle multinazionali e dei governi irresponsabili loro complici, prima che sia troppo tardi, prima che il danno sia irreparabile, per il futuro delle prossime generazioni, dei nostri figli!
Olio su tela 150 x 100 - (2012)
In quest’opera viene ripreso il tema che mi è più caro, trattasi della grande sfida che gli attuali Governi delle Nazioni stanno fronteggiando: le emissioni in atmosfera di gas inquinanti (CFC e CO2), con il conseguente buco nell’ozono e soprattutto l’effetto serra che avvolge il Pianeta Terra.
La scritta che campeggia al centro dell’opera “Humanity projected towards a point of no return” (l’umanità proiettata verso un punto di non ritorno), dovrebbe ancora una volta farci riflettere; le previsioni aggiornate che ci vengono trasmesse dagli studiosi sono drammatiche, con questo trend entro il 2060 la temperatura terrestre aumenterà di 4° C, assisteremo allo squilibrio di tutti gli ecosistemi, i ghiacciai delle calotte polari si scioglieranno, i mari si innalzeranno di 60 metri, intere nazioni e quasi tutte le principali città del mondo saranno sommerse.
Ci avviamo verso l’autodistruzione del Pianeta Terra in quanto i grandi inquinatori Cina, India, Usa, Russia, Giappone, etc. fanno poco o niente per ridurre le emissioni nell’atmosfera, anzi essi comprano quote di inquinamento dai paesi meno industrializzati per massimizzare la loro produzione, inquinando ancor più.
I risultati ottenuti sinora appaiono di ben poco conto, la sensazione è che non ci sia presa di coscienza effettiva della reale portata del problema, che deve essere affrontato seriamente, superando gli egoismi nazionalistici, comprendendo che la questione investe chiunque su questo pianeta e che se non si agisce con tempestività, inevitabilmente si arriverà presto ad una catastrofe, addirittura, ad un’apocalisse; questo è il monito lanciato, riprendendo un tema già trattato in altri lavori risalenti al 1970, con largo anticipo rispetto al protocollo di Kyoto.
Anche gli ultimi incontri di Copenaghen e recentemente a Doha sono stati molto deludenti e inconcludenti, il che non deve indurre ad una sterile rassegnazione, ma, piuttosto, ad insistere nella battaglia.
Nell’opera le due figure rappresentano i poteri forti che ci governano, le grandi lobbies che, senza un minimo di coscienza, ci stanno portando verso l’autodistruzione.
In prospettiva vengono rappresentate, come su un sipario, le conseguenze possibili:
al centro vi è una mela come simbolo della discordia; più giù tutti i grattacieli simboli delle grandi metropoli del mondo sommersi dall’acqua; volutamente aleggia un presagio di morte, perchè vuole essere un monito terrificante verso i poteri irresponsabili e nel contempo suscitare una reazione dentro di noi per unirci, ribellarci e combattere, di non accettare impassibili la fine del pianeta come fatto ineluttabile.
In questa come in altre opere si lancia un messaggio alla gente affinché si mobiliti per fermare questo crimine perpetrato dai “poteri forti” delle multinazionali e dei governi irresponsabili loro complici, prima che sia troppo tardi, prima che il danno sia irreparabile, per il futuro delle prossime generazioni, dei nostri figli!
L’Arca di Noè
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Olio su tela 60 x 80 - (2016)
La tematica trattata segue il filone riguardante la sopravvivenza della razza umana sul Pianeta Terra. Pur apprezzando i nostri scienziati - dediti alla sperimentazione ed alla ricerca finalizzata ad esplorare la possibilità di colonizzare lo spazio (Marte) affrontando distanze siderali, con costi e rischi inimmaginabili - conviene una presa di coscienza realistica e mettersi d’accordo tra le varie nazioni per preservare finalmente il nostro Pianeta Terra, la Nostra Casa, rendendo fertili i nostri territori sconfinati dei vari continenti tutt’ora abbandonati e da “sfruttare” in maniera ecosostenibile.
Purtroppo gli esseri umani, specie quelli che si propongono politicamente - non per il bene della collettività, ma sempre e comunque come forma di arricchimento personale al soldo delle Lobbies - hanno come indole una gran dose di autolesionismo e miopia, cosicché manca la capacità di guardare oltre gli orizzonti e capire che probabilmente conviene salvaguardare (tanto per usare un eufemismo) il nostro caro e amato Pianeta.
Ed ecco quindi il monito verso i poteri irresponsabili che ci governano; con questo trend la previsione di un’eventuale catastrofe prende sempre più corpo.
Rammentando gli eventi biblici - dove Noè costruisce un’Arca per salvare tutte le specie, umana, animale e vegetale - viene qui rappresentata un’Arca, un’immaginaria struttura futurista che ha lo stesso obiettivo (Titolata appunto : “Anno 2060 - Arca di Noè”). Essa si staglia su metaforici cieli infuocati, dovuti all’aumento della temperatura terrestre, e come già detto in altre circostanze, assisteremo allo squilibrio di tutti gli ecosistemi, i ghiacciai delle calotte polari continueranno a sciogliersi, i mari si innalzeranno, interi continenti saranno sommersi dalle acque e, rievocando anche il film “Waterworld”, vagheremo e combatteremo per impossessarci di eventuali terre ancora non sommerse.
Ed allora prima che sia troppo tardi concentriamoci ed uniamoci sul fattibile, per salvare il nostro bene più prezioso, la nostra “casa” ed evitare improbabili colonizzazioni insite di incertezze e pericoli ignoti.
Olio su tela 60 x 80 - (2016)
La tematica trattata segue il filone riguardante la sopravvivenza della razza umana sul Pianeta Terra. Pur apprezzando i nostri scienziati - dediti alla sperimentazione ed alla ricerca finalizzata ad esplorare la possibilità di colonizzare lo spazio (Marte) affrontando distanze siderali, con costi e rischi inimmaginabili - conviene una presa di coscienza realistica e mettersi d’accordo tra le varie nazioni per preservare finalmente il nostro Pianeta Terra, la Nostra Casa, rendendo fertili i nostri territori sconfinati dei vari continenti tutt’ora abbandonati e da “sfruttare” in maniera ecosostenibile.
Purtroppo gli esseri umani, specie quelli che si propongono politicamente - non per il bene della collettività, ma sempre e comunque come forma di arricchimento personale al soldo delle Lobbies - hanno come indole una gran dose di autolesionismo e miopia, cosicché manca la capacità di guardare oltre gli orizzonti e capire che probabilmente conviene salvaguardare (tanto per usare un eufemismo) il nostro caro e amato Pianeta.
Ed ecco quindi il monito verso i poteri irresponsabili che ci governano; con questo trend la previsione di un’eventuale catastrofe prende sempre più corpo.
Rammentando gli eventi biblici - dove Noè costruisce un’Arca per salvare tutte le specie, umana, animale e vegetale - viene qui rappresentata un’Arca, un’immaginaria struttura futurista che ha lo stesso obiettivo (Titolata appunto : “Anno 2060 - Arca di Noè”). Essa si staglia su metaforici cieli infuocati, dovuti all’aumento della temperatura terrestre, e come già detto in altre circostanze, assisteremo allo squilibrio di tutti gli ecosistemi, i ghiacciai delle calotte polari continueranno a sciogliersi, i mari si innalzeranno, interi continenti saranno sommersi dalle acque e, rievocando anche il film “Waterworld”, vagheremo e combatteremo per impossessarci di eventuali terre ancora non sommerse.
Ed allora prima che sia troppo tardi concentriamoci ed uniamoci sul fattibile, per salvare il nostro bene più prezioso, la nostra “casa” ed evitare improbabili colonizzazioni insite di incertezze e pericoli ignoti.